Italia il paese dell’abbandono

Italia, il paese dove il governo ha messo sempre a più forti sacrifici di vita la sua popolazione e le sue aziende, in questi ultimi anni.

“Incomprensibile che in Italia non si faccia nulla per salvaguardare la competitività di un comparto come l’automotive, preferendo rischiare la deindustrializzazione e la chiusura di molte aziende della distribuzione”.

Anfia, Federauto e Unrae lanciano un grido d’allarme sull’assenza di provvedimenti a favore del mondo delle autovvetture all’interno del Decreto Rilancio, il fallito tentativo del governo di rilanciare l’economia del paese in seguito al blocco imposto per il coronavirus.

In un comunicato congiunto, le tre maggiori associazioni di rappresentanza del settore automobilistico esprimono “sorpresa, delusione e, soprattutto, grande preoccupazione” per la scelta del Governo di limitarsi al rifinanziamento del fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni. “Si tratta – si sottolinea nella nota – di un intervento poco significativo per un’effettiva ripartenza del settore automotive nel nostro Paese. Il settore automotive italiano è certamente impegnato ad incoraggiare il processo di elettrificazione della mobilità e lo testimoniano gli ingenti investimenti effettuati. Purtroppo, le condizioni non sono più quelle di qualche tempo fa, sono profondamente mutate“.

Nel comunicato delle tre associazioni vengono forniti i numeri dell’impatto della crisi: nel primo trimestre la produzione dell’intera filiera italiana è scesa del 21,6%, le fabbriche hanno assemblato il 24% in meno di autoveicoli e il lockdown ha provocato quasi un azzeramento del mercato auto italiano (-85,4% a marzo e -97,5% ad aprile). In pratica, nel bimestre marzo-aprile le immatricolazioni di auto si sono dimezzate (-51%, ovvero 361.000 unità perse).

Ci vogliono aiuti CONCRETI. I concessionari, dopo l’apertura e peraltro con centinaia di migliaia di veicoli immobilizzati sui piazzali, si sono trovati in mezzo ad un fiumi di lacrime e sangue. Clienti fantasma? No, clienti a zero risorse finanziarie ed economiche per la ripartenza.

Casse integrazioni mai arrivate e moltissimi in stato precario di lavoro.

La macchina è un bene di lusso? La risposta è no, oggi l’autovettura risulta lo strumento di spostamento e lavoro per quasi l’80% della popolazione, questo dato di fatto non solo garantisce lo standard nella vita quotidiana delle persone ma è movimento della filiera produttiva  Italiana.

Di profonda incertezza, che condiziona il clima di fiducia di cittadini e imprese, e l’indebolimento dell’economia e del mercato del lavoro, con conseguente perdita di potere d’acquisto dei consumatori“. “L’acquisto di un autoveicolo – prosegue la nota congiunta – è un investimento importante che, in questa fase, necessita di un sostegno adeguato alla realtà che stiamo vivendo, e che il mercato di oggi possa recepire positivamente“, sottolineano e ribadendo, “in assenza di interventi mirati il 2020 si chiuderà con 500.000/600.000 immatricolazioni in meno rispetto al 2019, con un  mancato gettito Iva di circa 2,5 miliardi di euro“.

Inoltre, il rallentamento delle vendite, non sufficientemente contrastato dal meccanismo del bonus-malus, provocherà un mancato rinnovo del parco circolante delle autovetture, costituito a fine 2019 per il 32,5% da veicoli ante-Euro 4 e per il 57% da mezzi con oltre 10 anni di anzianità.

Riusciranno, produttori e venditori, a ripartire?: “Le difficoltà nello smaltimento dei veicoli in stock presso case automobilistiche e concessionari, con il mercato in stallo, impedirà alla filiera industriale di ripartire a ritmi sostenibili, un danno che per molte imprese, già fiaccate da due mesi di azzeramento del fatturato, si ripercuoterà sull’occupazione“. Dunque è “incomprensibile” l’assenza di misure a sostegno “di un comparto come l’automotive, che esporta oltre il 50% dei suoi prodotti” e “che in più occasioni ha dimostrato di fungere da traino per la ripresa produttiva di larga parte del sistema manifatturiero e quindi della nostra economia, e si preferisca andare incontro a un rischio di deindustrializzazione. Un settore che alcuni Paesi europei, con i quali, peraltro, la nostra filiera è profondamente interconnessa, stanno mettendo al centro dei loro Piani di supporto, così da rilanciare i consumi e la transizione verso un modello di mobilità più sostenibile“.