Benzinai senza logo

Aumenti ingiustificati?

AUMENTANO I PREZZI DI BENZINA E GASOLIO:

La Benzina– Il prezzo medio nazionale della benzina ( in modalità self) si attesta attualmente a 1.494 euro al litro. Aumenti ancora più rilevanti per il servito, dove il prezzo è di 1.636 euro al litro, con variazioni tra 1.587 e 1.707 euro.

Il Gasolio– Sulla stessa linea il prezzo del diesel in modalità self, pari a  1.367 euro al litro, con oscillazioni tra 1.359 e 1.392 euro. Per  il servito, la media è di 1.514 euro al litro, con valori compresi tra 1.462 e 1.586 euro. Il Gpl si attesta tra 0.632 e 0.652. Secondo i calcoli dell’unione consumatori, su un pieno di 50 litri di carburante è previsto un aggravio di 4.73 euro per la benzina e 4.76 euro per il gasolio.

Il prezzo del Barile– I Paesi produttori confermano che la riduzione delle scorte, accumulate durante le prime fasi della pandemia, ha comportato un drastico incremento del prezzo del petrolio. Attualmente il valore del Brent europeo (che caratterizza il petrolio di riferimento europeo, risultato dell’unione della produzione di 19 campi petroliferi situati nel Mare del Nord), si attesta intorno ai 60 dollari al barile.

 

I DATI DEL MISE:

Per un quadro più completo, pare utile consultare i dati messi a disposizione dal MISE: a partire dal 2020,  anno emblematico per via dello scoppio dell’emergenza sanitaria cui ha fatto seguito un lungo periodo di lockdown, la mobilità in Italia si è quasi annullata. Tale fattore, unitosi al crollo del prezzo del greggio, ha comportato un sensibile calo del costo dei carburanti (basti pensare che nei primi mesi del 2020, quando in sé il termine “lockdown” non destava particolare preoccupazioneil costo medio mensile della benzina era di 1.586 euro e quello del diesel di 1.485 euro).

Dalle limitazioni predisposte al fine di arginare la pandemia, ne è conseguito un lievo calo dei prezzi, tanto che nel mese di maggio si è arrivati al valore medio più basso per la benzina, pari a 1.365 euro, in concomitanza con il diesel che raggiunge i 1.256 euro.

Con l’allentamento delle restrizioni, i livelli medi dei prezzi della benzina e del diesel sono inesorabilmente saliti senza però raggiungere un “picco” vero e proprio, che si è invece raggiunto nei mesi estivi (a luglio in particolare, 1.403 euro benzina e 1.290 euro diesel). Fino al veloce progredire dal mese di novembre 2020

Nei primi mesi del 2021 in particolare nel mese di marzo, si è raggiunta la soglia di 1.579 euro per la benzina e rispettivamente 1.445 euro per il diesel, un’ aumento repentino che pare essere giustificato dalla rapida crescita registrata dalle quotazioni di petrolio a partire dalla fine del 2020 sino ad oggi.

 

Nel dettaglio:

  • Novembre 2020: 1,391 euro (benzina) – 1,261 euro (diesel)
  • Dicembre 2020: 1,424 euro (benzina) – 1,300 euro (diesel)
  • Gennaio 2021: 1,465 euro (benzina) – 1,338 euro (diesel)
  • Febbraio 2021: 1,511 euro (benzina) – 1,383 euro (diesel)
  • Marzo 2021 (15/03/2021 al 21/03/2021): 1,579 euro (benzina) – 1,445 euro (diesel)

Si nota chiaramente che nell’arco di pochi mesi si è quasi tornati ai valori “pre-pandemia”: un innalzamento che comporterà inevitabili e pesanti ripercussioni sulle tasche dei cittadini.

 

 Ma quanto si spende effettivamente per il rifornimento di carburante?

A maggio 2020, per il pieno in una stazione di servizio si spendevano:

  • 68,25 euro (benzina)
  • 62,80 euro (diesel)

A novembre 2020, invece, mese da cui i prezzi hanno iniziato ad aumentare:

  • 69,55 euro (benzina)
  • 63,05 euro (diesel)

Nell’ultima settimana di marzo 2020, un pieno costava:

  • 78,95 euro (benzina)
  • 72,25 euro (diesel)

Esente da queste stime, pare essere la mobilità elettrica, non condizionata dagli effetti di lockdown:  per esempio, se per 40 kWh con Be Charge il costo durante il lockdown era di 18 euro (0,45 euro a kWh), la stessa cifra si andrà a spendere oggi. Volendo fare un esempio con modelli come la Tesla Model 3 e la Volkswagen ID.3, un pieno con Be Charge costa Volkswagen ID.3 (58 kWh usabili):26.10 euro, con Tesla Model 3 Long Range (77 kWh usabili) 34.65 euro.

Ciò non stupisce dal momento in cui questo mercato, non essendo strutturato come quello dei carburanti tradizionali, fa sì che i costi di ricarica non subiscono variazioni consistenti in base a come cambiano i prezzi dell’energia.

 

 

LA SITUAZIONE IN ITALIA E IN EUROPA:

A far registrare i prezzi più alti nei distributori sono soprattutto gli stati europei. Secondo i dati riportati su globalpetrolprices.com infatti, sarebbero le nazioni europee a pagare di più per il pieno al distributore, al contrario dei Paesi produttori ed esportatori che vantano prezzi irrisori.

I dati evidenziano che nella fascia tra 1 e 1.50 euro si trovano la Slovenia con 1.20 al litro, 1.23 dell’Austria, salendo poi verso l’ 1.34 della Spagna e 1.43 euro dellIrlanda.

Al di sopra della soglia di 1.50 euro si trovano la Germania, la Finlandia e la Francia dove diverse sono state le  proteste nate proprio in opposizione ai rincari del carburante, che si attesta oggi sugli 1.59 euro al litro.

Tra le nazioni con il carburante più caro in Europa ci sono Grecia e Italia, quest’ultima in particolare ha registrato un prezzo medio di 1.66 euro con dei picchi anche di 2 euro in certe zone del Paese.

A guidare invece la classifica mondiale degli Stati con la benzina più cara è Hong Kong, dove mediamente un litro costa attorno ai 2.22 euro.

Pare stia diventando consuetudine risparmiare sul rifornimento, spingendosi ad acquistare un auto nuova preferendo un risparmio effimero di breve periodo; anche se di fatto una domanda sorge spontanea: è inevitabile che qualità e prezzo siano sempre correlati, se aumenta uno aumenta necessariamente anche l’altro?

Vien da sè rispondere negativamente al quesito, in quanto, sovente capita che benzine scadenti richiedano prezzi piuttosto elevati al contrario di benzine “pregiate” dai valori irrisori.

 

BENZINA DI QUALITA’ O RISPARMIO?

La benzina venduta da fornitori presenti su suolo Italiano deve necessariamente rispettare i criteri sanciti dalla legislazione italiana, la quale prevedere una certa omologazione di fondo dal punto di vista dei parametri, dei criteri e dalle modalità di vendita.

Un esempio è fornito dalla normativa riguardante la regolamentazione del “numero degli ottani” ( l’indice che varia da 0 a 100  che segnala la capacità di combustione del carburante a contatto con l’aria) : tale valore dev’essere superiore a 95, in quanto maggiore è il numero di ottani migliore è la qualità della benzina.

Molti distributori offrono le cosiddette “benzine additivate” (carburante con formula premium) promettendo performance ottimali, con impatto positivo sia sul motore sia sull’ambiente.

Mentre in precedenza, la qualità della benzina dipendeva in gran parte dalla qualità del greggio (un greggio più puro portava ad un benzina di maggior qualità, che lascia meno residui nel motore e ne migliora le prestazioni) , oggi  invece,  quest’ultimo rappresenta sì un quid pluris, ma di fatto non vi è una più netta e sostanziale differenza a livello qualitativo con altre benzine presenti sul mercato. Partendo infatti da una materia prima meno pura, è comunque possibile raggiungere risultati ottimali grazie all’adozione di processi chimici sempre più raffinati e particolareggiati.

Ciò a cui occorrerebbe prestare maggiore attenzione ai fini del risparmio, non è tanto la qualità stessa della benzina le cui variazioni sono minime e di poco rilievo, quanto principalmente al prezzo.

 

L’IPOTESI DEI BENZINAI NO LOGO:

Con il termine pompe bianche, o in alternativa “benzina no logo”, si intende quelle stazioni di rifornimento cosiddette “indipendenti”, che non dipendono da uno dei grandi marchi della distribuzione del carburante.  Queste sono riconoscibili in quanto solitamente presentano dei marchi sconosciuti presenti solo a livello locale (anche se di fatto superano le 7 mila unità solo sul suolo italiano) e il cui segno distintivo è certamente rappresentato da prezzi maggiormente competitivi rispetto alle controparti  “griffate”.

Premesso che, anche i benzinai no logo sono tenuti ad adeguarsi alla normativa vigente in merito alla qualità del carburante venduto, il punto chiave della questione è da ravvisarsi proprio nella “non – affiliazione”. Più nel dettaglio, le pompe bianche possono garantire prezzi ridotti e allettanti in quanto, non essendo “associate” ai grandi marchi della distribuzione non risultano soggetti agli oneri previsti dalle royalties del marchio, da cui farebbero inevitabilmente riferimento ai fini della distribuzione.  Queste offrono lo stesso litro di benzina di una stazione di rifornimento di marca a 10 centesimi di meno in media. Una differenza sottile è vero , ma se calcolata in rapporto a vari litri e a svariati chilometri, può certamente fare la differenza.

Indubbio è il fatto che le pompe bianche possano incrementare il risparmio senza correre il rischio di rovinare il motore con carburante scadente, ma volendo tuttavia essere maggiormente scrupolosi senza cedere all’ovvietà, il fattore spesso sottovalutato che comporta il maggior impatto sul costo del carburante è certamente il Guidatore, non la benzina in quanto tale: tenere i finestrini chiusi e il condizionatore spento, verificare la pressione delle gomme, evitare accelerazioni e brusche frenate e più in generale mantenere uno stile di guida prudente, sono soltanto alcune tra le piccole accortezze che sarebbe utile seguire.

Il risparmio infatti è il risultato di una miriade di fattori, la qualità della benzina però non dovrebbe essere considerata fra questi, o per lo meno,  basterebbe prendere coscienza che non è l’unico elemento determinante.

 

Benzinai senza logo

 

Quali possono essere i provvedimenti da adottare per far sì che il calo del costo della benzina, con un verosimile conseguente aumento del traffico su strada, non sia un ulteriore disastro ambientale ? 

Il calo del prezzo del petrolio darebbe un’auspicabile spinta all’economia, aumentando le entrate fiscali che derivano da un maggior consumo di carburante. Di contro, il rischio è quello di compromettere gli obiettivi ambientali e i tanto attesi risultati in termini di green economy (quali i limiti alle emissioni e gli incentivi ai veicoli verdi).

L’euforia che necessariamente scaturisce da un abbassamento dei prezzi, può infatti ridurre l’attenzione riposta sulle politiche di contenimento nell’uso di energia e svuotarne il pregio.

Al fine di non abbassare la guardia ambientale in periodi di prezzi calanti, in primo luogo, bisognerebbe tenere a mente il fatto che il calare dei costi è di per sé un fenomeno congiunturale, quale risultato dello squilibrio fra domanda e offerta. Aumentare seppur temporaneamente la tassazione dei carburanti parrebbe insensato dal punto di vista politico-economico: occorre piuttosto ambire a politiche mirate, come quelle di origine scandinava, che permettono di ridurre la tassazione sui carburanti previo aggravio a carico di chi consuma e inquina di più.

Una prima opzione da tenere in considerazione è quella di estendere le esperienze di Londra, Milano e Singapore che introducono tariffe apposite sulla congestione per le aree centrali urbane: ciò è permesso grazie dall’uso di navigatori satellitari e altre tecnologie come le “porte elettroniche”. I governi inclini alle politiche green possono usufruire di uno strumento polivalente in grado di programmare in maniera razionale e minuziosa lo sviluppo urbano.

Una seconda alternativa, sicuramente più tangibile e immediata, consiste nella rimodulazione delle imposte sull’acquisto e sull’uso dei veicoli, la quale mira non solo a favorire quelli con più basse emissioni e minori consumi, ma scoraggia allo stesso tempo l’acquisto e l’uso di quelli con consumi ed emissioni più elevate.

In sostanza, misure simili aumentano il carico su chi, a parità di chilometri percorsi, consuma di più e lo diminuiscono su chi per lo stesso percorso consuma di meno. Si tratta dei cosiddetti “fee-bates” , strumenti che combinano i fees (oneri) con i rebates (risparmi) in rapporto al consumo e all’inquinamento prodotto dal singolo individuo.

 

RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Dai ragionamenti svolti, seppur minimi in questa sede, e senza volerci addentrare nel profondo di una tematica che rischierebbe di risultare retorica ridondante, pare possibile introdurre o quantomeno proporre una serie di linee guida importanti: il caro benzina, dovrebbe prima di tutto fungere da “prima avvisaglia” per una e vera propria rivoluzione delle modalità di guida.

Se è vero che il singolo cittadino, ben poco può fare rispetto agli inesorabili rincari di carburante soggetti a continui sbandamenti ed evoluzioni che purtroppo appartengono al dominio di pochi, è vero anche che i singoli potrebbero “cavalcare l’onda”, non al fine di rassegnarsi al cambiamento, quanto ricondurre il mutamento stesso nella giusta direzione: prediligere veicoli meno inquinanti e utilizzare l’auto solo e quando strettamente necessario, sono soltanto alcune tra le mille accortezze che si potrebbero adottare.

Chiaramente progetti urbanistici e ambientali d’avanguardia dovrebbero essere predisposti dall’alto, è da lì che occorre far partire il “movimento rivoluzionario”, non rimettere il tutto al semplice buon senso comune: andrebbe revisionata la normativa di riferimento, inasprendo le pene nei confronti di chi si rende protagonista di infrazioni e intralci nelle politiche green, perché solo un piano strutturato, coercitivo e preciso potrà verosimilmente garantire una svolta dal punto di vista ambientale.

Per concludere, se è vero che ben poco si può fare davanti al caro benzina, è altrettanto vero che tentare di “aggirare” il problema utilizzando meno l’auto, comporterebbe sicuramente una minor pressione sia sul portafoglio sia sull’ambiente.

I processi decisionali dei regolatori pubblici, quali l’Unione Europea, gli Stati, le amministrazioni locali e le authorities, dovranno essere improntati ad una rigorosa analisi e raccolta dati, vagliando i trend di sviluppo tecnologico, riflettendo sulla necessità di prediligere un approccio sistemico dell’intero ciclo vitale della materia prima, per scongiurare, se non il caro benzina, quanto meno il rischio di scelte industriali poco sostenibili e inevitabili distorsioni del mercato.